La risposta a cui più mi sono affezionato è di natura logica. Già da qualsiasi manuale di finanza pubblica possiamo trarre qualche risposta. Prima di tutto la relazione servizi offerti-tributi non è di natura matematica ma si fonda su una scelta politica. Come accade in tutto il mondo e come possiamo vedere in europa, la scelta per le spese per servizi è logicamente effettuata in relazione alla volontà politica. Qui vediamo ad esempio come la Grecia si sia deciso di spendere nel 2009 il 3.5% del suo PIL in difesa contro lo 0.5% dell'Irlanda; si vede ad esempio come Cipro investa più del 3% del suo PIL in politiche abitative contro lo 0.8% dell'Italia; come in Danimarca si impiega l'8% del PIL in istruzione contro neppure il 5% dell'Italia. Si vede insomma che si possono fare delle scelte sensate in relazione alla volontà politica più che ad una condizione imposta e fatale.
Considerando il pil della Sardegna con questi rapporti ad oggi quali servizi e a che prezzo impositivo potremmo offrire? Potremmo offrire servizi migliori? Più efficienti?
Come riescono entità statali meno popolose ad investire di più rispetto all'Italia in settori che sono più coerenti con uno sviluppo sensato?
Per rispondere negativamente alla prima domanda che ogni interlocutore ci farà, dovremmo lasciare fuori dal conteggio la vertenza entrate (10 miliardi in attivo nei confronti dell'Italia), fondi europei inutilizzati, e risorse esistenti sul territorio sardo e buon senso.
Dovremmo insomma capovolgere la realtà e semmai domandarci come potremmo economicamente riuscire a perseverare in questa condizione.
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